Quanta importanza viene data, oggi, al rapporto medico- paziente?

Nella scelta del proprio percorso di cura, generalmente il paziente valuta diverse consulenze prima di scegliere a chi affidarsi. La scelta è determinata dalla terapia proposta, dalla professionalità del medico ma anche dal rapporto che si crea tra il medico e il paziente. Il paziente deve fidarsi del proprio medico e, affinché ciò avvenga, è necessario che si crei un legame.

La professione medica è una professione umana dalla connotazione senz’altro scientifica in cui si indagano cause e sintomi del malessere del paziente, in quanto soggetto unico e irripetibile. Oggi, il rischio che la soggettività del paziente passi in secondo piano è aumentato a causa di un sempre maggiore ruolo della tecnologia e per l’importante accumulo di dati nell’interazione clinica, che spostano l’attenzione del medico dal paziente alla statistica sui pazienti. Secondo Arthur W. Frank, professore emerito presso il Dipartimento di Sociologia dell’Università di Calgary ed esperto di bioetica e nel sostegno sia a medici che a pazienti, la tendenza a non considerare il vissuto del malato porta ad ignorare il carico emozionale e la sofferenza generata dalla malattia, ad oggettivare e omologare gli individui, disumanizzandoli.

Riportare l’attenzione sul vissuto e sul dialogo tra le due parti sembra avere una grande rilevanza per trovare, quindi, il percorso terapeutico più in linee con le esigenze del paziente.

Nascita della Medicina Narrativa

Negli anni ’90, per la prima volta, entra in scena la Medicina Narrativa o Narrative Based Medicine (NBS) di cui abbiamo già parlato in questo articolo.  La Medicina Narrativa è stata introdotta dai due medici Rachel Naomi Remen e Rita Charon, come nuova metodologia diagnostica che pone il dialogo e l’ascolto al centro dell’analisi medica. L’idea di base era di creare un rapporto tra il medico e il paziente, applicando delle tecniche di narrazione per ricostruire la storia della malattia del paziente attraverso i suoi racconti, ma anche attraverso i racconti del medico e degli altri operatori sanitari, dando così voce non solo ai sintomi diretti della patologia ma anche alla sfera emozionale e alla sofferenza che ne deriva.

Questo nuovo approccio nasce nella Harvard Medical School anche grazie alle idee di Arthur Kleinman Byron Good, i quali ritenevano la medicina un sistema culturale retto su simbologie che influenzano la storia del malato. In inglese il termine “malattia” è scomponibile in due significati che, purtroppo, nella lingua italiana non è possibile mantenere. Si parla di disease cioè della malattia in senso medico e di illness  come di esperienza soggettiva della malattia. Da queste basi si è costruito il concetto di Medicina Narrativa: si parte dalla narrazione soggettiva del paziente, su come vive e interpreta la sua malattia per arrivare, insieme allo specialista, alla risoluzione. Più tardi ci si è resi conto di una terza componente: la sickness, cioè la malattia all’interno della società.

La Medicina Narrativa nella pratica

La Medicina Narrativa può diventare una risorsa nella normale pratica clinica, ma è necessario che i professionisti siano educati alla comunicazione al paziente per aumentare la qualità delle prognosi. Bisogna quindi che vengano allenate l’attenzione all’ascolto, la riflessione, l’empatia sia verso i pazienti che verso i colleghi.

La Columbia University di New York da tempo propone un percorso universitario incentrato proprio sulla Medicina Narrativa, in cui lo studente imparare  le regole della comunicazione e le tecniche per creare un dialogo chiaro e semplice da utilizzare come strumento diagnostico. I fondatori del corso ritengono che questo percorso formativo ha una triplice funzione: far emergere le prospettive del paziente, facilitare l’auto-riflessione e aumentare la relazione tra il team sanitario anche in termini di supporto emotivo, ciò aumenterebbe la consapevolezza della professione medica, la riflessione sulle scelte professionali e le relazioni sul posto di lavoro.

La sensibilizzazione a queste tematiche è oggetto di interesse anche in Italia, dove nel 2014  il Centro nazionale malattie rare (Cnmr) dell’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con Bulgaria, Grecia, Repubblica Ceca, Spagna e Turchia, ha tenuto la Conferenza Finale sul progetto S.T.o.Re – Story Telling on Record, finanziato dalla Commissione europea. Il progetto di propone di creare una cartella clinica in cui l’approccio basato sul dialogo abbia il proprio spazio dando così vita alla cartella clinica integrata, in cui emerge anche il vissuto del paziente in relazione alla malattia.

Nel 2013, si è tenuto a Londra il primo Congresso Mondiale di Medicina Narrativa, “A narrative future for healthcare”, durante il quale la stessa Rita Charon ha sottolineato la necessità di lavorare per creare delle reti nazionali in ogni paese, per far crescere la consapevolezza e aumentare le basi scientifiche a supporto della Medicina Narrativa per arrivare ad un suo utilizzo accettato e condiviso nella comune pratica clinica.

La Medicina Narrativa, insieme agli  sforzi dei medici, attraverso un dialogo sincero e aperto, è uno strumento che può davvero migliorare la qualità e la percezione che il paziente ha del trattamento di cura.

Fonte:

M. M. Milota, G. J. M. W. van Thiel & J. J. M. van Delden: Narrative medicine as a medical education tool: A systematic review. Medical Teacher, 41:7, 802-810