Il Burnout è un crollo, è il momento in cui non si hanno né energie fisiche né mentali per reagire e affrontare le sfide sul posto di lavoro. Letteralmente è un esaurimento, un consumarsi.

Negli anni ’70 lo psicologo statunitense Freudenberger inizia a parlare di burnout proprio in termini di “esaurimento professionale”. Per molto tempo il burnout è stato messo in relazione unicamente alle “helping professions”, cioè le professioni sanitarie e assistenziali in cui si ha un maggior contatto con il pubblico o le professioni deputate alla sicurezza e alla gestione delle emergenze. Oggi è accettato che il burnout possa colpire qualsiasi lavoratore perché le sue cause sono sia di natura oggettiva che soggettiva.

Nonostante nel tempo il concetto di burnout si sia evoluto e ne siano state date tante definizioni diverse, ci sono delle costanti che lo identificano in quanto è una condizione generata da uno stress cronico, che quindi si protrae a lungo nel tempo, legato al contesto lavorativo.

Tra i fattori di rischio che possono portare al burnout ci sono

  •  le aspettative legate alla soddisfazione lavorativa,
  •  l’ambiente di lavoro malsano,
  • il rapporto conflittuale con i colleghi,
  • la gestione delle attività professionali
  •  la percezione che il lavoratore ha del suo rendimento.

Individuare i segnali del burnout è possibile, perché solitamente una persona che sta vivendo questo blocco emotivo e professionale tenderà ad essere stanca e demotivata, a soffrire di insonnia e cefalee, sarà maggiormente insofferente ed aggressiva e tenderà a fuggire dal posto di lavoro. La situazione potrebbe avere ripercussioni anche sugli affetti personali, potrebbe scatenare una dipendenza da sostanze come tabacco e alcool, fino ad arrivare ad un completo distacco emotivo del soggetto.

Nel nostro corpo sono molte le risposte messe in atto per affrontare lo stress nelle sue diverse forme, l’Asse ipotalamo-pituitario-surrene (o asse HPA) ovvero il sistema di comunicazione che lega il sistema nervoso autonomo, il sistema endocrino e il sistema immunitario, ha un ruolo ben descritto nel gestire le situazioni di stress cronico attraverso una più robusta produzione di cortisolo, il famoso ormone dello stress, attuando una risposta che resta attiva a lungo nel corpo. L’indagine del ruolo dell’Asse HPA deve sia svelare il possibile legame tra stress e alcune patologie (disturbi gastrointestinali, malattie della pelle, malattie cardiovascolari) che trovare possibili biomarker per fare una diagnosi di burnout precisa e riproducibile, aiutando anche il monitoraggio del paziente durante il trattamento.

Il cortisolo è già conosciuto come marcatore della risposta allo stress, ed è anche noto che alti livelli dell’ormone hanno come effetto un abbassamento delle difese immunitarie.

Cercare di capire se il burnout generi lo stesso tipo di risposta è diventato di estremo interesse quindi l’asse HPA è stato ampliamente studiato soprattutto in termini di risposta del cortisolo al risveglio (CARCortisol Awakeness Response) e di cortisolo diurno. Purtroppo i risultati ottenuti dai diversi studi sono ben lontani dal fornire una risposta univoca: la valutazione dei livelli di cortisolo, non sembra essere un buon indicatore di un burnout.

Nuove correlazioni e informazioni sono state cercate studiando anche diverse componenti del sistema immunitario. Per esempio la Proteina C-Reattiva (CRP) utilizzata di routine come indicatore dello stato di infiammazione in relazione ad un prolungato stress, è stata valutata come possibile indicatore di burnout. Nonostante gli sforzi anche in questo caso i risultati ottenuti sono discordanti non essendoci dati chiari che descrivano variazioni di CRP in casi di burnout conclamati, aggiungendo invece come ulteriore variabile le differenze nella risposta tra uomo e donna, che non permettono di giungere a conclusioni certe.

Le cellule Natural Killer (NK), particolari globuli bianchi deputati alla difesa dalla minaccia di agenti estranei o disfunzionanti come le cellule tumorali, hanno mostrato una diminuzione nel loro numero abituale in risposta ad uno stress di natura emotiva. Il burnout può manifestarsi come una perdita di identità del soggetto, come un esaurimento emotivo e come un basso riconoscimento dei propri traguardi portando ad interrogarsi su una possibile variazione del numero delle NK in queste condizioni. Solo nel caso di uomini occupati in lavoro di ufficio e presentanti già uno stato di depersonalizzazione si è trovata correlazione con un basso numero di NK, mentre negli altri casi non sembra esserci nessun legame visibile.

Altre possibili candidate da cui ottenere informazioni sono le citochine, ampio gruppo di molecole proteiche prodotte da diversi tipi cellulari, in risposta a differenti stimoli che possono avere funzioni ed effetti molto variegati. Da questa piccola introduzione, si può già comprendere la difficoltà nell’identificazione di un marcatore da questo gruppo di molecole. Sono state comunque oggetto di studio ed un primo passo è stato valutare il rapporto tra le citochine pro-infiammatorie e anti-infiammatorie e, in seguito, i livelli per singola citochina. Anche in questo caso i risultati ottenuti tra i diversi gruppi sono discordanti e non chiariscono cosa comporti il burnout per il sistema immunitario.

Le diverse forme di stress non sono quindi uguali tra loro e inducono una diversa risposta del nostro corpo. Al momento le risposte dell’organismo allo stress cronico e allo stress acuto sono supportate da più informazioni, mentre sembra essere più difficile trovare risposte per il burnout ma molti studi di cui attendiamo i risultati sono ancora in corso e potrebbero fornirci nuove evidenze.

Nonostante le basi biologiche del burnout risultino ancora poco chiare, è possibile identificare il disturbo rivolgendosi a medici del lavoro, a psicologi o psichiatri che forniranno sicuramente tutte le informazioni necessarie e una strategia terapeutica adeguata per affrontare e risolvere il problema.  Lo stato di salute del paziente deve essere valutato nella sua globalità dando rilievo sia ai sintomi fisici che al malessere mentale, sarà quindi a discrezione del medico avvalersi dell’aiuto di diversi strumenti per aiutare il recupero dello stato di benessere.

Complementare alla terapia medica può essere proposto al paziente l’uso del dispositivo Inergetix Core system basato sulla tecnica della BioRisonanza endogena attraverso un sistema a biofeedback informazionale ed energetico che mira a restituire l’equilibrio psicofisico, emozionale, biochimico ed energetico alla persona. Vuoi saperne di più su Inergetix Core System? Clicca qui.

Un altro supporto alla terapia del burnout è il dispositivo BRS System, basato anch’esso sulla tecnica della BioRisonanza, è in grado di agire su diversi disturbi tra cui lo stress, l’insonnia e i disturbi del sonno, cefalee, stanchezza, ansia e indebolimento del sistema immunitario. Il BRS System è un sistema a biofeedback che mira alla stimolazione dei meccanismi di auto-regolazione attraverso la modulazione della frequenza del segnale di biorisonanza che può essere scelta da database specifici (es. frequenze di Rife e Clark), o come frequenze armoniche o brani musicali. Interessante vero? Per saperne di più visita la pagina dedicata a BRS System, clicca qui.

 

link all’articolo –>MECHANISMS IN ENDOCRINOLOGYEndocrine and immunological aspects of burnout: a narrative review (nih.gov)