Stando a quanto riportato dalla tradizione, fu Mikao Usui, nato in Giappone nel 1865, a far nascere la pratica del Reiki (レイキ, 靈氣 ,霊氣, 霊気? ), asserendo di essere stato dotato della capacità di curare dopo un periodo di digiuno e meditazione sul Monte Kurama durato ben tre settimane. Lo stesso Usui aprì la prima scuola di Reiki nel 1922, frequentata da un centinaio di persone, per poi morire pochi anni dopo.
Poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, uno dei suoi allievi,Kujiro Hayashi, fondò la sua Clinica Reiki in cui si recò la signora Hawaio Takata che, riuscendo a guarire dalla sua malattia, volle imparare questa pratica. La Takata non si fermò all’apprendimento, ma modificò gli insegnamenti ricevuti creando una disciplina aperta a tutti coloro desiderassero farla propria, senza distinzione di razza, pensiero e credo religioso.
Il Reiki è una parola giapponese che rappresenta l’Energia Vitale Universale e ha origine dall’unione di due concetti, che sono alla base della disciplina: il REI, che rappresenta la forza spirituale (contiene dentro di sé ideogrammi che significano pioggia, bocche, fare sacrifici) ed il Ki, concetto fondamentale nella filosofia cinese che rappresenta la forza interiore, l’energia che scorre nel corpo. L’unione dei due concetti dà vita alla parola Reiki, vale a dire una tecnica olistica la cui potenza ed efficacia dipendono dall’amore e dalle energie dell’universo (Ki, versione giapponese del Qi), che si incanalano nel reikista, il quale diventa quindi un tramite per giungere alla persona oggetto del trattamento. Si tratta di una disciplina spirituale, effettuata come percorso terapeutico alternativo, per trattare problematiche fisiche, emozionali e mentali; viene utilizzata una tecnica simile alla “imposizione delle mani” che serve per incanalare ed indirizzare le energie terapeutiche e curative.
Il principio fondante del Reiki afferma che siamo circondati da un’energia vitale universale alla quale tutti quanti possono accedere per ottenere effetti curativi; tutti quanti hanno la possibilità di compiere il rito di iniziazione e quindi apprendere le capacità di entrare in possesso di questa energia, che scorrerà attraverso le manidel praticante. Stando ai principi basilari del reiki, l’energia incanalata è un’energia intelligente che rende la diagnosi non necessaria
Il campo di applicazione del Reiki è il corpo fisicomentaleemozionale e spirituale. Al verificarsi di un blocco energetico, il Reiki lavora cercando di liberare l’energia, affinché possa tornare a scorrere senza ostacoli. È un nutrimento per l’anima che si tramuta in benessere fisico, mentale e spirituale. Avendo un approccio essenzialmente olistico, la patologia viene vista come la manifestazione sul piano fisico di uno squilibrio energetico che si crea tra la mente ed il corpo; una volta rimosso il blocco e ristabilito il corretto flusso dell’energia, si ricrea l’interazione armoniosa tra la mente ed il corpo così da ripristinare l’equilibrio psico-fisico, fondamentale per il mantenimento dello stato di salute dell’individuo.
È una tecnica assolutamente non invasiva, non comporta o non richiede alcuna predisposizione; è adatto a tutti, senza eccezione di età o di condizione fisica.
La tecnica Reiki è suddivisa in 3 livelli diversi e consiste, in maniera approssimativa, in una delicata imposizione delle mani sul corpo della persona ricevente (a questa tecnica possono affiancarsi, se ritenute necessarie, delle manovre di manipolazione mirate, proprie della tradizione giapponese del Reiki delle origini, a sua volta derivante dalle tecniche Shiatsu), ove ne emerga la necessità, al fine di sbloccare il flusso dell’energia o allentare una contrattura muscolare.

Il primo livello del Reiki è quello fondamentale e dura circa 12 ore divise in due o tre sessioni in cui si apprendono i principi del Reiki e si impara ad incanalare l’energia dentro di sé. Nel secondo livello invece sono inserite metodiche che consentono di trasmettere l’energia anche a persone, animali, oggetti e addirittura situazioni, che non hanno certamente consapevolezza di quello che sta avvenendo ( si può quindi escludere l’effetto placebo), senza la necessità di avere la presenza fisica di ciò (o chi) che si vuole trattare. Si tratta di una seconda iniziazione, necessaria per dotare il praticante di tutti i mezzi utili per curare una persona a distanza; vengono utilizzati dei simboli specifici che servono per creare una connessione temporanea estremamente forte tra i due individui, il praticante ed il ricevente. Il terzo livello non è necessario ai fini della cura ma è utile ad approfondire ed ad integrare i veri aspetti del Reiki.
Molto interessante è l’impiego del Reiki come medicina preventiva, poiché il praticante, attraverso il passaggio dell’energia universale, e per questo inesauribile, stimola la cura ancor prima che si manifesti un sintomo della patologia.
Il Reiki non è una religione in quanto non consiste in un sistema di dogmi che ci invitano o ci impongono come o quale divinità adorare; non è una filosofia o una scienza in quanto non pretende di spiegare, sperimentare o dimostrare attraverso la ragione ma, al contrario, sensibilizza la persona alla percezione delle energie sottili che ci circondano.
Il Reiki non si contrappone alle terapie convenzionali né pretende di sostituirsi ad esse. Anzi, il suo aiuto più valido lo fornisce proprio in associazione ai trattamenti dei medici allopatici.
Questa disciplina ha suscitato e continua a suscitare l’interesse di molte persone ed esistono in letteratura interessanti studi scientifici e pubblicazioni che ne confermano le qualità benefiche.

Negli ultimi anni si sono moltiplicati gli studi sul Reiki. Sebbene ancora troppo pochi e non sempre perfetti dal punto scientifico (campioni poco numerosi, difficoltà a misurare l’effetto placebo per tale tecnica) ve ne sono ormai molti sufficientemente accurati da meritare la pubblicazione su riviste scientifiche. Anche se, come sosteneva Albert Einstein, “Non tutto ciò che conta può essere contato e non tutto ciò che può essere contato, conta”, il rapporto tra Reiki e ricerca scientifica non può essere ignorato e rappresenta una sfida significativa. Questo perchè, come riportato dal dott. Andrew Weil, “qualsiasi ricerca che dimostri che un approccio non fisico può modificare un sistema fisico è estremamente rilevante poichè mette in discussione il paradigma predominante secondo il quale solo un intervento fisico può produrre un cambiamento fisico nell’organismo. Vorrei che la medicina fosse meno vincolata a questa concezione materialistica e la ricerca sulla medicina energetica costituisce una delle vie attraverso cui questo avviene“.

Nonostante l’elevato interesse nei confronti di questa disciplina la ricerca sul Reiki è ai primordi. La letteratura disponibile comprende casi clinici, studi descrittivi e studi randomizzati controllati condotti su un esiguo numero di pazienti. I benefici dei trattamenti Reiki possono essere misurati sia in modo obiettivo che attraverso un’autovalutazione (come per esempio quella che riguarda la percezione del dolore e la qualità della vita). Quando vengono misurati i cambiamenti biologici correlati ai trattamenti Reiki occorre ricordare che questa tecnica non mira alla malattia, ma stimola il ripristino complessivo dell’equilibrio nell’individuo. Quando i ricercatori studiano il Reiki devono affrontare la questione relativa alla mancanza di una formazione standardizzata senza la quale è molto difficile mettere a confronto un operatore con un altro. La cosa più prossima all’uniformità  tra gli operatori è rappresentata dall’addestrarli all’interno di un progetto di ricerca. Inoltre i risultati del Reiki sono fortemente correlati ai bisogni della singola persona ricevente (il Reiki va dove serve, quanto ne serve e raggiungendo il massimo equilibrio possibile in quella situazione, non l’equilibrio ideale che desideriamo noi!).  Se gli operatori sanitari  vengono formati al Reiki, possiedono anche l’esperienza clinica necessaria per lavorare con i pazienti. Se i pazienti o le persone sane, non operanti nel settore sanitario, imparano la tecnica, si possono studiare gli effetti dell’autotrattamento. Anche la dott.ssa Maria Danilychev (medico di San Diego in California specializzato in Medicina Interna, Geriatria, Cure Palliative e Direttore Medico di un Hospice) nel suo articolo “Is There Scientific Proof That Reiki Works?” del 2017 si chiede se ci sono evidenze che il Reiki funzioni da un punto di vista scientifico e non dal punto di vista del Reiki. Nonostante sia anche un’insegnante Reiki,  le sue riflessioni come medico davvero sono molto interessanti.

La dott.ssa Danilychev, al di là della sua lunga esperienza con il Reiki, sostiene di avere, come medico e ricercatore clinico, sufficienti prove, che il Reiki sia effettivamente efficace per una vasta gamma di situazioni, e che questa efficacia vada ben oltre l’effetto placebo. In generale, al fine di dimostrare l’efficacia di qualsiasi modalità di trattamento per qualsiasi indicazione, sono necessarie numerose prove cliniche ben progettate e di alta qualità rispetto al problema specifico che stiamo cercando di studiare e affrontare. Condurre ricerche di alta qualità sul Reiki richiede molto tempo e denaro, operatori ben addestrati, progettazione di qualità, analisi statistiche appropriate e così via. Inoltre, per convincere la comunità scientifica che una particolare tecnica sia effettivamente efficace per qualcosa, è necessario un numero più elevato di studi di alta qualità, in modo che essi possano essere eventualmente analizzati. La maggior parte degli studi clinici sul Reiki non è ben progettata. Ci sono sfide oggettive nei metodi di ricerca che possono essere utilizzati per condurre ricerche cliniche nel Reiki (è difficile se non impossibile fare ricerche in doppio cieco perché l’operatore non può non sapere se sta facendo Reiki o no mentre ce ne sono diverse in singolo cieco con il paziente che non sa se è trattato o no).

Bibliografia/Sitografia: