Negli anni diversi studi epidemiologici hanno evidenziato un’associazione significativa tra l’esposizione prenatale ad antidepressivi e anticonvulsivanti ed effetti avversi nella prole, sostenendo l’ipotesi che l’interferenza precoce con i principali sistemi di neurotrasmissione potrebbe sottendere ad alcune alterazioni del neurosviluppo, tra cui l’Autismo.

In merito a ciò possiamo affermare che uno dei farmaci antiepilettici che ha suscitato maggiore scalpore è l’acido valproico, utilizzato da quasi 50 anni per il trattamento dell’epilessia e che, solo recentemente, è stato introdotto anche nella terapia del disturbo bipolare e di alcune forme di emicrania.

Come molti farmaci antiepilettici, l’impiego del l’acido valproico in gravidanza è associato a un aumento del rischio di malformazioni (come labiopalatoschisi, malformazioni del tratto genitourinario, anomalie cardiache, malformazioni degli arti), tra le quali i di difetti del tubo neurale (spina bifida). Nel dettaglio, le probabilità che il neonato abbia una malformazione a causa dell’assunzione da parte della madre di valproato, si stima tra il 6 e il 10%.

Negli ultimi 5 anni sono stati pubblicati diversi studi in merito a questo argomento e nel dettaglio, è stato evidenziato un ritardo nello sviluppo cognitivo nel 30-40% dei casi e un aumento del rischio di disturbi dello spettro autistico di circa 3 volte. Negli Stati Uniti, dove la prevalenza di queste malattie nella popolazione è più elevata che in Italia, la percentuale di bambini con disturbi dello spettro autistico è valutata addirittura intorno al 4,4 %.

Purtroppo, questi rischi sono conosciuti da tempo ma quello che è emerso più recentemente, in particolare nell’ultima decina di anni, è che il rischio di difetti congeniti con il valproato è maggiore rispetto che con l’assunzione di altri antiepilettici. Ci dovrebbe essere quindi un controllo maggiore da parte delle autorità competenti in merito alla distribuzione di questi farmaci sul mercato.

Ad oggi possiamo affermare che questo controllo non è ancora tempestivo considerando che nell’ottobre 2014, vale a dire un anno dopo la pubblicazione di un importante studio su valproato e autismo, il Comitato per la farmacovigilanza dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha deciso di rivedere le indicazioni riguardanti l’uso dell’acido valproico. Quello che si afferma è che il farmaco non dovrebbe essere utilizzato nel trattamento dell’epilessia e del disturbo bipolare durante la gravidanza o in donne che potrebbero avere una gravidanza, se non in assenza di alternative terapeutiche altrettanto efficaci.

Il “caso Valproato” dimostra che la farmacovigilanza in Europa è ancora poco efficace anche se è doveroso considerare che la valutazione in merito alla sicurezza dei farmaci in gravidanza non è semplice. In aggiunta, è ancora più difficoltoso il monitoraggio degli effetti che possono comparire a distanza di anni dall’esposizione al farmaco come per esempio i disturbi dello spettro autistico.

La comprensione degli effetti dei farmaci sul feto in sviluppo rappresenta eticamente un argomento di grande interesse. Tuttavia, poiché solitamente le donne incinte sono escluse dai trial clinici, gli effetti dell’esposizione prenatale ai farmaci maggiormente commercializzati rimangono, ad oggi, non del tutto chiari. Allo stesso tempo però possiamo concludere che, a seguito dei numerosi test clinici condotti, l’associazione tra l’azione dell’acido valproico e le malformazioni sul feto è ormai comprovata.

Fonte:

Association of Autism Spectrum Disorder With Prenatal Exposure to Medication Affecting Neurotransmitter Systems. Janecka et al. JAMA Psychiatry. 2018 Dec 1;75(12):1217-1224. doi: 10.1001/jamapsychiatry.2018.2728.