vaccini corte europea La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che in mancanza di consenso scientifico, un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti può provare il nesso di causalità tra il difetto di un vaccino ed una malattia successivamente sopraggiunta.
La fattispecie si riferisce alla causa intentata da un cittadino francese contro la Sanofi Pasteur: lui malato di Sclerosi Multipla e deceduto poi nel 2006, e la Sanofi Pasteur, Gruppo presente in 100 Paesi nonché produttore del vaccino Antiepatite B a cui il ricorrente si era sottoposto nel 1998, cominciando nell’anno successivo a manifestare disturbi tali da condurlo nel 2000 ad una diagnosi di Sclerosi Multipla.

Insieme alla sua famiglia, il cittadino francese combatteva la propria battaglia contro la Sanofi Pasteur. 

Secondo i Giudici della Corte, qualora siano presenti alcuni indizi specifici allora è conseguentemente possibile prendere in considerazione l’ipotesi che il difetto del vaccino possa aver innescato una causalità tra inoculazione ed insorgenza della patologia

Quali sono questi indizi?
Nel dettaglio: 
L’inesistenza di precedenti medici personali e familiari nel soggetto che a seguito di un vaccino contrae una patologia
• L’esistenza di un significativo numero di precedenti casi in cui è comparsa la medesima malattia dopo aver assunto il medesimo vaccino
• Un arco temporale sufficientemente breve tra somministrazione ed insorgenza dei sintomi

Nella causa che ha visto coinvolta la Sanofi Pasteur, la Corte d’Appello di Parigi aveva inizialmente respinto il ricorso per mancanza di evidenze che provassero il nesso di causalità.
Impugnata la sentenza, si era poi pronunciata la Corte di Cassazione francese la quale ha richiesto il parere della Corte di Giustizia Europea circa la possibilità di basarsi sulla Direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985 relativa alla responsabilità per danno da prodotti difettosi, e se fosse inoltre possibile far valere degli indizi gravi, precisi e concordanti come prova dell’esistenza di un difetto del vaccino quale nesso tra lo sviluppo della mattina ed il vaccino stesso.
La sentenza della Corte di Giustizia Europea è stata davvero innovativa: essa ha considerato compatibile con la Direttiva un regime probatorio che, in assenza di prove inconfutabili, autorizza il giudice a stabilire che esista un difetto del vaccino e un nesso di causalità rispetto all’insorgenza di una malattia, a condizione che siano appunto verificabili indizi gravi, precisi e concordanti come quelli esposti nel sopracitato elenco.
Inoltre, secondo la Corte sarebbe troppo difficile provare la responsabilità del produttore di un vaccino se l’unica prova accettata fosse quella certa tratta dalla ricerca medica, l’alternativa è basata appunto sulla sussistenza di indizi sufficientemente gravi, previsi e concordanti. Ed essi devono mirare a far sorgere un alto dubbio rispetto alla difettosità del vaccino.

Intanto anche nel nostro Paese continuano i dibattiti e le azioni dimostrative: una madre di Forlì è in sciopero della fame dal 22 Maggio. Psicologa con tre figli, sperava in un segnale di risposta dal Governo, che invece non è arrivato. La coraggiosa mamma ha anche scritto una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella quale ricorda che le 12 vaccinazioni obbligatorie previste dal Decreto Lorenzin si tradurranno in ben 40 appuntamenti vaccinali nei primi anni di vita del bambino.
Dal canto suo, il Ministro Lorenzin continua a sostenere che l’obbligatorietà non si discute.

Fonti: Quotidiano Sanità, Il Fatto Quotidiano, La Stampa

 

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