La sindrome dell’X fragile (FXS), conosciuta anche come sindrome di Martin Bell, è una delle patologie del neurosviluppo maggiormente debilitanti, causata dalla perdita dell’espressione del gene FMR1 (Fragile X MentalRetardation-1) presente sul cromosoma X e trasmessa, come ogni carattere legato all’X, dalla madre portatrice al figlio affetto.

I pazienti affetti da tale sindrome sperimentano una serie di debilitazioni fisiche, comportamentali e intellettuali; oltre al ritardo mentale, un soggetto affetto dalla sindrome dell’X fragile può manifestare depressione, iperattività e isolamento sociale.

Recentemente, mediante l’analisi delle alterazioni fisiche e comportamentali, è stato possibile associare questa patologia ai disturbi dello spettro autistico (ASD). In particolare molte delle caratteristiche descritte nella sindrome dell’X fragile che includono ipereccitabilità, breve soglia di attenzione, ritardo nel parlare e relativa mancanza di abilità espressiva del linguaggio, ripetizioni di parole e di suoni che includono vocalizzazione stereotipiche e parole incomprensibili, hanno suggerito uno stretto legame con Autismo. In associazione a questi sintomi, spesso si è notato che molti maschi affetti dalla sindrome dell’X fragile sono abbastanza sociali ed hanno una personalità estroversa ma generalmente essi hanno un ridotto contatto visivo, sono ipersensibili agli stimoli sensoriali e sono tangibilmente sulla difensiva, tutte caratteristiche che possono interferire con le interazioni sociali e lo sviluppo.

Molti studi in vitro hanno evidenziato che sia la proteina FRMP che il suo mRNA sono espressi nei dendriti e nelle spine dendritiche e ciò suggerisce che la proteina FRMP regoli la sintesi della proteina locale a livello sinaptico. Durante il normale sviluppo, la maturazione di queste spine porta al loro restringimento e alla loro consolidazione delle sinapsi funzionali e all’eliminazione progressiva delle sinapsi inattive o in sovrannumero. L’assenza della proteina nei neuroni corticali dei pazienti affetti da sindrome dell’X fragile e nel modello di topo FMR1 knockout (KO), si correla con un’alta densità di spine dendritiche immature che sono più lunghe e sottili del normale.

Seguendo queste osservazioni si è dedotto che, quando la proteina FMRP è assente, si nota un difetto sia nello sviluppo morfologico che nella maturazione delle spine dendritiche, e ciò porta allo sviluppo anormale delle connessioni neuronali ed anche a ritardo mentale. E’ evidente che le ridotte funzioni cognitive sia nei pazienti affetti dalla sindrome dell’X fragile che nei topi FMR1 KO derivino dall’alterata plasticità sinaptica.

Per questo motivo dal momento che gli acidi grassi polinsaturi Omega-3 (n-3 PUFA) sono noti  influenzare in modo critico lo sviluppo e le funzioni del cervello, si è pensato di valutare, come terapia non farmacologica per diversi disturbi dello sviluppo come ad esempio i disturbi dello spettro autistico (ASD), come l’ aumento della percentuale di Omega-3 (n-3 PUFA) nella dieta possa promuovere l’attività e la plasticità sinaptica dal momento che questi ultimi esercitano nel cervello attività anti-infiammatorie.

Recentemente presso l’Università di Bordeaux (Francia) è stato condotto uno studio specifico su un modello murino di sindrome dell’X fragile (FXS) e un modello murino wild-type (non affetto dalla patologia). Nel dettaglio ad entrambi i modelli è stata fornita una dieta con un’integrazione di Omega 3 PUFA n-3 dallo svezzamento fino all’età adulta. I modelli sperimentali sono stati successivamente testati per molteplici effetti comportamentali simili alla sindrome dell’X fragile, compresi i deficit emotivi, sociali e cognitivi ed inoltre è stata valutata l’espressione cerebrale di diverse citochine e del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF).

In particolare l’aumento della percentuale di Omega 3 n-3 PUFA ha determinato un miglioramento della maggior parte delle anomalie comportamentali mostrate dai topi Fmr1-KO, incluse alterazioni nell’emotività, nell’interazione sociale e nella memoria non spaziale, sebbene non i loro deficit nel riconoscimento sociale e nella memoria spaziale. Gli Omega 3 PUFA n-3 hanno evidenziato un miglioramento anche della maggior parte degli squilibri neuro-infiammatori dei soggetti affetti dalla sindrome, ma hanno avuto un impatto limitato sui loro deficit di BDNF. I risultati ottenuti, sebbene siano necessari studi più approfonditi, dimostrano che l’integrazione alimentare con gli Omega 3 PUFA n-3, presenta un considerevole valore terapeutico per i soggetti affetti dalla sindrome dell’X fragile e potenzialmente anche per i soggetti affetti da autismo, suggerendo un importante ruolo di mediazione dei meccanismi neuro-infiammatori.

 

 

 

Fonte:  Pubmed: Pietropaolo et al., Psychoneuroendocrinology. Dietary supplementation of omega-3 fatty acids rescues fragile X phenotypes in Fmr1-Ko mice 2014