Sul tema dell’effetto placebo, si sono dibattuti in molti al fine di scoprire come e se il suo utilizzo potesse realmente generare effetti benefici sulla salute dell’individuo.

Nel 30/50% dei test clinici si osserva che il “finto” medicinale funziona esattamente come se fosse vero ed in alcuni casi anche meglio di un farmarco riconosciuto e questo risultato in genere viene valutato come una scarsa qualità del farmaco stesso.

Colui che più di tutti si è dedicato alla ricerca sul placebo è Ted Kaptchuk, direttore del Programma di studi sul placebo presso la Harvard University e professore di Medicina presso la Harvard Medical School, il quale nel 2010 condusse uno degli esperimenti più sorprendenti in questo campo, successivamente pubblicato dalla rivista scientifica PLoS One. In questa ricerca vennero analizzati 80 pazienti affetti da sindrome del colon irritabile e divisi in due gruppi uguali. Un gruppo di pazienti non era stato sottoposto a nessun trattamento mentre all’altro erano state date delle pillole false etichettate come “placebo”, accompagnando la somministrazione con la spiegazione dell’effetto placebo.

Con grande sorpresa di tutti questo gruppo ha avuto un miglioramento doppio rispetto al gruppo di controllo che non aveva ricevuto trattamenti. Diversi pazienti che accusavano sintomi come crampi, gonfiore e diarrea hanno completamente cancellato questi sintomi grazie alle pillole inerti ricevute durante l’esperimento al punto che in molti hanno voluto continuare ad assumerle.

Kevin Fontaine, presidente del Dipartimento di Health Behavior alla Scuola di salute pubblica dell’Università dell’Alabama a Birmingham, ha iniziato una collaborazione con Kaptchuk. “Sono affascinato dal tema”, spiega, “e dal tentativo di trovare modi creativi per gestire i sintomi. Il peso della stanchezza e del dolore sulla qualità della vita è estremamente alto, e noi semplicemente non abbiamo trattamenti efficaci. Quindi, se siamo in grado di trarre vantaggio da questo fenomeno in un modo che produca benefici per i pazienti, questa rappresenta la mia motivazione primaria”.

Si pensa quindi di passare ai pazienti oncologici. “Le persone che sono sopravvissute al cancro, non importa di quale tipo, spesso sperimentano una spossatezza penetrante che sembra andare avanti all’infinito”, afferma  Fontaine. “Questo compromette la qualità della loro vita, e attualmente non ci sono trattamenti efficaci”.

La ricerca sul paziente oncologico partirà nelle prossime settimane e a condurlo sarà Teri Hoenemeyer, direttrice dei Servizi di supporto e di istruzione all’interno del Comprehensive Cancer Center dell’Università dell’Alabama a Birmingham.

Se i risultati fossero quelli sperati, sarebbe davvero un risultato eccezionale e veramente un grande successo.

 

Per approfondire

Panorama Salute

Lo Studio

http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0015591

 

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