La gravidanza e la nascita di un figlio, “turning point” comportano, nello sviluppo dell’identità femminile e nella vita di una coppia, una profonda crisi “maturativa”di rimaneggiamento e riordinamento psichico alla ricerca di nuovi equilibri. E’ noto infatti che il passaggio alla genitorialità delinea un processo di profonda trasformazione che riattiva rappresentazioni mentali strettamente legate al proprio vissuto e genera stati emozionali contrastanti quali: ansia, stress, gioia, tranquillità.

Come sottolineato recentemente dalla letteratura scientifica la presenza di una sintomatologia legata allo stress fin dalla gravidanza è in grado di influenzare non solo l’equilibrio emozionale della gestante, ma anche lo sviluppo del feto e del neonato.
Nel dettaglio, i sintomi di ansia e stress durante la gravidanza, oltre ad essere significativamente correlati con l’umore nel post partum risultano essere molto simili a quelli sviluppati nel periodo perinatale, tendendo a rimanere stabili nel tempo. Le modalità di caregiving materno potrebbero quindi risentire di tali elementi stressogeni, offrendo ai loro bambini stimolazioni ed esperienze interattive diverse rispetto alle madri non stressate.

Quello che è stato facilmente evidenziato attraverso numerosi studi scientifici è che esiste una vera e propria trasmissione biopsicosociale, la quale considera la possibilità che l’esposizione intrauterina agli effetti biologici dell’ansia e dello stress materno possa essere rinforzata successivamente dall’ambiente esterno e/o dall’esperienze interattive, sulle quali influiscono anche le caratteristiche temperamentali del bambino.

Le prime evidenze emerse in merito al contributo biologico che la madre può trasmettere al bambino sono state rilevate già a partire dalla fase prenatale. È stato dimostrato infatti che l’attività, i pattern sonno-veglia e i movimenti del feto possono essere condizionati dallo stato psicologico della madre, suggerendo che una capacità dell’umore materno, possa influenzare anche lo sviluppo del sistema nervoso centrale.

La ricerca scientifica ha tentato, nello specifico, di indagare il livello di attività fetale correlandola al livello di ansia e stress presente nelle madri. Studi focalizzati sulla prima metà della gravidanza, non hanno osservato effetti significativi sull’attività motoria del feto e non hanno rilevato associazioni significative tra l’ansia e lo stress sperimentati dalla madre nei primi 4 mesi di gravidanza e le percentuali dei movimenti del feto in quello stesso periodo.

In conclusione è ormai accertato che uno stress materno sperimentato nei primi mesi di gravidanza possa avere un effetto osservabile sul feto a partire dalla ventottesima settimana di gestazione, determinando sia variazione nel flusso di sangue dell’arteria uterina che una disregolazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Tali meccanismi risultano influenzare il feto non solo sullo primo sviluppo neonatale ma anche sul successivo sviluppo infantile.

Fonte:

Kinsella, M., Monk, C. (2009). Impact of maternal stress, depression and anxiety on fetal neurobehavioral development. Clinical Obstetrics and Gynecology , 52(3), 425-440