Il primo a studiare da un punto di vista prettamente fisiologico il fenomeno dello stress fu il fisiologo statunitense Walter Cannon (1871- 1945), che evidenziò le reazioni che avvengono nell’organismo in risposta a situazioni avverse definite di allarme, prima del ritorno alle condizioni di equilibrio iniziali. Cannon introdusse i concetti di “fight or flight” e “omeostasi”, tutt’oggi riconosciuti come validi.

Le ricerche sullo stress subirono una svolta grazie ad un altro fisiologo, Hans Selye (Vienna, 1907 –Montreal, 1982), che si imbatté in una serie di importanti scoperte in maniera casuale. Nel 1936 era a Montreal, alla McGill University, dove compiva delle ricerche improntate all’isolamento di un nuovo ormone sessuale; Selye aveva iniettato quotidianamente una sostanza a dei ratti per testarne gli effetti, e in questi topi aveva riscontrato in seguito insorgenza di ulcere peptiche, atrofia dei tessuti del sistema immunitario e un notevole ingrossamento delle ghiandole surrenali.

Il fatto curioso era che gli stessi sintomi si potevano riscontrare anche nei ratti del gruppo di controllo in cui era stata iniettata quotidianamente semplice soluzione fisiologica. L’unico fattore comune ai due gruppi di ratti era l’aver subito ogni giorno delle iniezioni: i sintomi che presentavano erano dovuti senza dubbio ad una esposizione cronica ad un particolare ‘‘evento stressante”. Selye cercò di avvalorare la sua tesi sottoponendo gruppi di topi all’esposizione a temperature estreme, traumi fisici, tossine, forti rumori, fino ad agenti patogeni: in tutti gli animali si riscontrarono gli stessi effetti.

Selye affermò che “lo stress è la risposta strategica dell’organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, cui esso sia sottoposto. In altre parole, è la risposta aspecifica, adattativa dell’organismo a ogni richiesta effettuata su di esso”.

Lo stress, di per sé, non rappresenta per l’organismo umano né un bene né un male, ma una risposta fisiologica normale e, nella storia dell’evoluzione della specie, assolutamente necessaria per la sopravvivenza della stessa. Tuttavia, se l’agente stressante agisce con una particolare intensità e per tempi sufficientemente lunghi, può dare vita ad una condizione patogena. In particolare possiamo definire:

  • Eustress (eu-: dal greco buono, bello): situazione in cui i fattori stressogeni che agiscono sulla persona, rientrano in un limite tollerabile dalla persona stessa, dando luogo ad una reazione armoniosa.
  • Distress (dis-: dal greco cattivo, morboso): situazione in cui i fattori stressogeni che agiscono sulla persona, superano i limiti di tollerabilità della persona stessa, dando luogo ad una reazione distruttiva.

Tornando al modello del Dr. Selye, il processo stressogeno si può suddividere in tre fasi distinte:

  1. fase di allarme: lo stress suscita nell’organismo un senso di allerta, con conseguente attivazione di tutta una serie di processi psicofisiologici (aumento del battito cardiaco, iperventilazione, sudorazione, ecc.) mirati a fronteggiare la nuova situazione;
  2. fase di resistenza: il soggetto stabilizza le sue condizioni adattandosi al nuovo tenore di richieste, con la normalizzazione degli indici fisiologici. Nel caso in cui l’adattamento non sia sufficiente, subentra la terza fase, quella di esaurimento.
  3. fase di esaurimento: in questa fase si registra la caduta delle difese e la successiva comparsa di sintomi fisici, fisiologici ed emotivi. In altre parole, l’organismo non riesce più a difendersi e viene a mancare la sua naturale capacità di adattamento. L’esposizione prolungata alla situazione di stress può provocare l’insorgenza di patologie psico-fisiche.

Dobbiamo sottolineare che ognuno di noi si trova quotidianamente a fronteggiare numerosi stress acuti: nella maggior parte dei casi, esaurito l’effetto dello stress, l’omeostasi dell’organismo si ripristina pienamente ed il corpo non subisce alcun danno. Quando però l’elemento stressogeno, ripetendosi frequentemente, diventa cronico allora l’equilibrio non riesce ad essere ripristinato; la cascata di eventi ormonali e nervosi, che di solito sono confinati all’interno di un periodo limitato nel tempo, si attiva in maniera costante, con conseguenze estremamente negative per l’organismo.

Andando ad indagare le possibili cause di stress, bisogna tenere innanzitutto presente che queste possono essere molteplici e variare da persona a persona. Gli eventi stressanti possono infatti determinare conseguenze, sia fisiche che psicologiche, che sono recepite in maniera diversa a seconda della personale sensibilità.

La sintomatologia da stress è vastissima. Fondamentalmente, possono essere identificate le 4 diverse categorie sintomatologiche:

  • sintomi fisici: emicrania, dolore alla schiena, indigestione, tensione al collo e alle spalle, dolori allo stomaco, tachicardia, sudorazione delle mani, extrasistole, agitazione e irrequietezza, problemi di sonno, stanchezza, capogiri, perdita di appetito, problemi sessuali, suoni (tintinni, fischi) nelle orecchie.
  • sintomi comportamentali: aumento nell’abuso di alcool e fumo, aumento delle critiche verso gli altri e attitudine alla prepotenza, bruxismo, fame compulsiva.
  • sintomi emozionali: pianto, enorme senso di pressione, nervosismo, ansia, rabbia, solitudine, tensione eccessiva, infelicità cronica e mancanza del senso di vivere, impotenza profonda.
  • sintomi cognitivi: problemi a pensare in maniera chiara, distrazioni e dimenticanze continue, impossibilità nel prendere decisioni, esigenza di fuga continua, mancanza di creatività, aumento esponenziale delle preoccupazioni, perdita del senso dell’umorismo.

In realtà è possibile concludere che, qualsiasi fattore che vada a perturbare l’equilibrio dell’organismo può essere considerato come elemento “stressogeno”, sia che lo alteri in maniera positiva (eustress) che negativa (distress).

Fonte: Pubmed: Selye H. Stress and distress.  Comprehensive therapy 1975.