La malattia è sempre un disagio, spesso la risposta di un’analisi al microscopio. Ma quasi sempre ci si dimentica che è soprattutto il risultato di una storia privata che non può e non deve essere ignorata.

La “Medicina Narrativa” nasce negli Stati Uniti intorno alla fine degli anni Novanta e viene consacrata in Italia nel 2014 durante la Consensus Conference dell’Istituto di Sanità.

Sebbene sia al centro di numerosi dibattiti, ancora oggi è difficile descriverne i reali confini e obiettivi senza correre il rischio di sprofondare in una confusione tipica di quei concetti diffusi a profusione nelle piattaforme social, nei libri o nei blog.  Per fare chiarezza, iniziamo specificando che la medicina narrativa si pone l’obiettivo di dare alla malattia del paziente un substrato personale attraverso un’analisi guidata da esperti in grado di orientarsi nella sua storia fatta di successi, cadute, complicazioni e perdite. Questi elementi, che il paziente viene invitato a condividere con un medico di fiducia, rappresentano di fatto un punto fondamentale per comprendere non solo l’origine del malessere ma, soprattutto, per creare un percorso guidato verso una guarigione di successo che tenga conto dei suoi limiti e delle sue difficoltà durante la cura.

In un’epoca in cui il soggetto-paziente è sempre più spesso visto come un “sistema/corpo da curare” e in cui la tecnologia, i mezzi della cura, i tempi delle visite ridotti aumentano il distacco tra il medico e il malato, la medicina narrativa ha un compito importante: quello di riconoscere il paziente, prima di tutto, come una persona nel mezzo di una sofferenza pericolosa che ha bisogno di essere ascoltata. Detto ciò, è evidente che la medicina narrativa, per essere considerata valida, deve basarsi su una collaborazione totale e bi-laterale: da una parte il paziente che si impegna a non vedere nel medico un semplice “operatore sanitario” dal comportamento meramente distaccato e tecnico, dall’altra il medico stesso che deve accostarsi all’esperienza della malattia con umiltà ed empatia. Entrambi gli elementi sono fondamentali per creare il terzo elemento che è la base linfatica del successo: quel legame umano chiamato “affiliazione” in cui due persone, pur provenendo da mondi diversi, trovano nella condivisione, nella fiducia e nell’ascolto l’uno dell’altro la strada per un reciproco riconoscimento e per una co-costruzione narrativa di una storia di cura. Nella maggior parte dei percorsi di medicina narrativa il paziente trova una motivazione per affrontare la cura unita ad una maggiore consapevolezza e il medico ritrova una vocazione, un coinvolgimento umano.

Le storie di medicina narrativa in Italia cominciano ad essere ascoltate e portate come esempio per un nuovo approccio nell’ambito medico scientifico che sposa la filosofia del “Paziente al centro” la cui importanza è stata sancita dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Spesso le storie di medicina Narrativa si sviluppano proprio intorno a pazienti che vivono importanti difficoltà di socializzazione, che soffrono di disturbi mentali o di disabilità. Sono casi, questi, in cui si annida molto facilmente un rifiuto o una paura verso il mondo esterno e, quindi, anche verso i medici e le loro cure.

E’ questo il caso di Thomas.

Thomas è un ragazzo con un ritardo cognitivo, originario di Rovigo che da sempre ha rifiutato di sottoporsi alla cura delle sue carie. Sebbene i genitori negli anni abbiano tentato molte strade, la chiusura di Thomas nei confronti delle strutture ospedaliere e dei medici ha reso nullo ogni tentativo. Fin quando è intervenuto il Dottor Claudio Gallo, responsabile di Odontoiatria Speciale a Piove di Sacco. Il Dottor Gallo, in collaborazione con la sua equipe, ha voluto conoscere Thomas più da vicino scoprendo una sua grande passione: la famosa saga di George Lucas: Star Wars. Vestendo i panni del temuto Dart Fener e stabilendo nell’ambulatorio la sua base operativa e nella sala operatoria la sua base spaziale, Thomas si è sentito finalmente a casa. E’ stato operato due volte in anestesia totale superando totalmente il suo blocco.

Tutto questo è stato possibile grazie all’ empatia dello staff dell’ambulatorio di Piove di Sacco che con impegno e costanza ha permesso al paziente di superare le ansie, i disagi e la diffidenza.

La medicina narrativa, come risulta chiaro dalla storia di Thomas, porta ad una guarigione ma insegna, soprattutto, che il canale di comunicazione è fondamentale come mezzo per indirizzare al meglio le terapie. La malattia è di fatto un percorso ad ostacoli che viene filtrato dalla mente, dai pensieri e dall’esperienza del singolo, maturato e vissuto in maniera diversa da ognuno di noi è importante ricordare che non esiste una guarigione totale dove non c’è un superamento mentale della malattia, una spinta interiore verso la voglia di stare bene e di lasciarsi alle spalle quanto si è riusciti a vincere.

La medicina narrativa ci insegna a creare un dialogo in cui il paziente sarà in grado di ritrovare una serenità interiore, fedele e indispensabile compagna per ogni percorso privato di guarigione e miglioramento.

 Fonte:

Medicina Integrata n.3 giugno 2018

Christopher F .CJordens Miles Little Kim PaulEmma-JaneSayers Life disruption and generic complexity: a social linguistic analysis of narratives of cancer illness. Social Science & Medicine Volume 53, Issue 9, November 2001, Pages 1227-1236

Doyle AC. La lampada rossa. Storie di medici e di medicina. Passigli Narrativa, Firenze 2011:15.